lunedì 26 agosto 2013

Modelli e riferimenti - IV puntata

Si rientra e si rientra a regime. Quest'anno niente vacanza-vacanza d'estate, solo qualche giornata rubata qua e là alla calura estiva, tanto per staccare ed uscir di casa.
Lavoro di grafica in pieno agosto, alla fine, m'ha inchiodato al mac per buona parte del mese, monopolizzando attenzione ed energia.
Però qualche giro in giro c'è scappato, una puntata in Abruzzo, un weekend lungo al mare del Circeo, una visita veloce all'abbazia di Fossanova. E la notte - unico momento fresco e silenzioso - s'è lavorato d'intaglio e di bisturi, di matita e di progetto.
Un po' per concludere il discorso dell'archivio personale e del suo uso, un po' per condividere come vien fuori un mio carta gioiello, un po' per far capire il mio metodo di lavoro, ho messo "in chiaro" la genesi di un Arabesque. Non il come si fa, ma il come nasce.
Non è che tutte le mie creazioni nascano esattamente in questo modo, ma è esplicativo di come un qualcosa di apparentemente lontanissimo (come un pezzo di architettura) possa essere trasformato, rielaborato ed interpretato fino a farlo diventare "altro".
Ma un "altro" che porti ancora con se il profumo, l'idea, il ricordo del precedente, dell'antenato. Ecco come...
Tra i giri in giro c'è stata una scappata a San Clemente di Casaùria, meraviglioso pezzo di romanico abbruzzese. Danneggiato dal terremoto di qualche anno fa, è stato restaurato impeccabilmente  ed in tempi brevi (sarà stato il fatto che uno degli sponsor era estero??? Mha! Nel caso, World Monument Fund Europe, grazie!). Riaperto al pubblico silenziosamente e senza pubblicità - vogliamo scherzare che ci dovesse capitare qualcuno apposta? - ce lo siamo goduto con l'unica compagnia delle cicale.
Ed io me lo sono goduto facendo foto. Foto di ogni particolare, di ogni pezzetto del pulpito, dell'ambone, del maestoso portale, di ogni insomma. Dalla facciata - per l'intanto - è venuto fuori questo:

Dalla pietra alla carta


Quasi irriconoscibile dall'origine, rivisto e corretto in base alle esigenze ed alle possibilità d'intaglio, adattato per diventare un ornamento da lobo. Una palmetta del pulpito è diventata un altro paio di orecchini e sicuramente il "saccheggio virtuale" porterà a qualche nuovo pezzo.
Ho già adocchiato un altro paio di decori che fanno proprio al caso mio...
Loro, gli orecchini Isdihar, già sono su Blomming.



PS. Isdihar in arabo è un nome femminile che significa fiorente, rigogliosa. E come non usarlo, visto che di elemento vegetale si tratta e per di più doppiato, duplicato. Più rigoglioso di così!

10 commenti:

  1. Ma che bello vedere come la tua mente ha elaborato quell'immagine** Hai un dono tesoro**
    Bellissimi gli orecchini, mi piace un sacco l'abbinamento al cristallo sfaccettato;)

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    1. Oh, un dono... io pensavo fosse pazzia! :D
      Eh, gli abbinamenti si stanno facendo di volta in volta più difficili e sempre più simili. Una pietra ce la devo mettere per "zavorrarli", altrimenti sono troppo leggeri, bastano pochi grammi ma fanno la differenza! Però alla lunga... che noia, sempre un qualcosa da appenderci.
      Devo trovare una valida alternativa!
      :****

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  2. Ah quanti ricordi... facciate, cappelle, rilievi, fotoraddrizzamenti e nottate insonni. Il tuo risultato è molto più proficuo del mio :D
    Ti adoro!!!

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    1. ? Nottate insonni sulle facciate? Hai un passato da pipistrello fotoritoccatore??? Confessa! :D
      Proficuo... bisogna vedere quel che s'intende per proficuo. Per ora ci guadagna solo la mia fisioterapista che mi raddrizza dopo le sessioni di taglio!

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  3. Stupendo... tutto, dalla contemplazione con cicale al risultato finale! I tuoi post e tuoi lavori sono sempre magia e raffinatezza, condite di stupenda ironia: cosa poter immaginare di meglio?

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    1. Grazie! <3 Sono imbarazzata dalle tue parole! troppo buona!!! <3

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  4. Che bello vedere una mente creativa al lavoro, lo trovo davvero affascinante!
    Il risultato non può che essere originale!

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