domenica 16 maggio 2010

Rosso

Ieri, mio padre mi ha portato una manciata di ciliegie.
Le poche scampate alla pioggia che sta facendo. Mi hanno fatto ricordare i cesti di frutta della mia infanzia, quando, io costretta e di mala voglia, passavamo il week-end nella casa di campagna con tutta la famiglia, nonni, zie, zii e cugini. A primavera c'era la raccolta della frutta ed ognuno aveva il suo compito con nonna-generale a diramare gli ordini alla truppa sbuffante. Le ceste di frutta erano enormi nei miei ricordi e soprattutto quelle delle ciliegie, scintillanti e turgide, mi sono ben chiare.
Quanta differenza con queste poche, solitarie, ciliegie. Le ho messe in una ciotolina a farsi compagnia tra di loro e avevo quasi timore a mangiarne qualcuna, poverette.
Ma poi mi è tornato in mente un altro fatto della mia infanzia, quando mio nonno portava, a me e a me soltanto tra i nipoti, le prime ciliegie colte. Le prime, scelte tra le più belle e raccolte in mazzetti da quattro, legati con dei fili d'erbe.
Tra questi mazzetti ce n'era uno che non mancava mai, quello con i gambi uniti a formare coppie di frutti, in modo che potessi metterle a mo' di orecchini mentre mangiavo le altre.
L'avevo dimenticato.
E invece il ricordo s'era solo nascosto, paziente, in qualche angolo della memoria, pronto a riemergere quando ci fossero state le giuste condizioni. Adesso. Adesso che è l'ultima primavera che passo in questa casa, la casa dei nonni, adesso che queste poche ciliegie appaiono poca cosa con quelle dell'infanzia, adesso che capisco quanto fossero belli quei momenti, adesso che sono così distanti.

Allora sono uscita in terrazzo e ho preso qualche filo d'erba, ho scelto le più belle e le ho legate assieme.






Mentre le guardavo mi è venuto un po' da piangere.
Ciao Nonno. Non mi sono dimenticata.

Nessun commento:

Posta un commento